Storie di Natale

La borsa di Natale

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Era ormai arrivato il mese di dicembre e la piccola Lucia amava passeggiare all’ aria aperta, con sciarpa guanti e cappello per farsi accarezzare dal vento quasi invernale. Ogni pomeriggio passava a casa della nonna Anna per farsi preparare la merenda e poi si dirigeva verso il parco per sedersi sulle panchine a mangiare i biscotti magici preparati per lei e poi si dedicava a giocare con la neve, scivolare sui pattini, con la palla e con gli amici che incontrava. Lucia metteva la merenda nella tasca del cappotto, ma spesso arrivata al parco, si ritrovava poche briciole perché durante il tragitto qualcosa cadeva. maggiori informazioni

Calendario dell’Avvento

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Avvento 2021 

1 Dicembre

Come lo scorso anno, dal 1 al 24 dicembre propongo il calendario dell’Avvento, un modo per creare o riscoprire legami e atmosfera.  Raccontare un po’ di noi serve a condividere, ci fa sentire uniti e ci aiuta a compiere riflessioni importanti, magari per star meglio con noi stessi e con gli altri.

Per questo primo giorno ti regalo una poesia dedicata al mese di dicembre, leggila e dimmi se c’è una poesia di Natale che ricordi  con affetto.

https://www.silviastrocche.it/dicembre-arriva/

 

2 Dicembre

In questa  mattina di dicembre  l’aria frizzante si fa sentire. Ricordo la mia infanzia a correre e giocare nei prati freddi e ghiacciati, con il  naso rosso ma con la gioia di trascorrere del tempo all’aria aperta in attesa del Natale. Mi sembrava di essere in un mondo magico! Ora non sempre trovo il tempo e la volontà di uscire a passeggiare ma dovrei farlo per rigenerare il corpo e la mente…

Ora dimmi, ti piace camminare o correre all’aria aperta a contatto con il paesaggio natalizio?

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La pecorella rossa

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Un gregge di pecore aveva dato il benvenuto  a tanti cuccioli vivaci e desiderosi di conoscere il mondo. Con il passare dei mesi, le pecorelle avevano imparato a muoversi con il gregge, a mangiare e a giocare nei campi. Un giorno, mentre stavano passeggiando in un campo lontano dal solito territorio, le piccole pecore videro in lontananza un animale rosso, stranissimo e si avvicinarono per capire chi fosse. Giunti vicino a quella creatura, videro che si trattava di una pecora proprio come loro. “Una pecora rossa – disse qualcuno – che stranezza è mai questa?”

“Sarà caduta in un barattolo di vernice, oppure avrà mangiato troppa marmellata di fragole” – aggiunse qualcun altro.

La pecorella rossa si voltò per allontanarsi, ma un gruppetto di pecore  si strinse intorno a lei e iniziò a ridere, a spingere fino a farla cadere nel fango. Poi scapparono via tra mille risate.  La pecorella era tutta sporca, così si diresse verso il ruscello per lavarsi e mentre camminava pensava che forse le altre pecorelle avevano ragione, forse il suo colore era il frutto di un incidente. Si sentiva l’animale più strano del mondo e si nascondeva per non farsi vedere.

I mesi passavano e tornò come ogni anno il mese di dicembre, dedicato ad una grandissima fiera. Vicino al prato in cui era solita fermarsi, passavano mercanti, venditori ambulanti, animali di ogni specie per partecipare alla grande fiera.

La sera del 24 dicembre però, il cielo aveva le stelle molto luminose e la piccola pecorella rossa camminò così tanto che si ritrovò in un posto che non conosceva. Insieme a lei c’erano molte persone con i loro animali, continuavano a correre  in cima a una collina e dicevano: “È nato, è nato il Bambinello!”

La pecorella rossa andò con loro, si avvicinò ad una grotta e vide un Bambino avvolto in fasce, era appena nato e con lui  c’erano la mamma, il papà e alcuni animali che cercavano di tenerlo al caldo. Tutti parlavano di un Bambino speciale, un Salvatore.  La pecorella era felicissima di essere parte di quell’evento così importante e aveva notato che nessuno la prendeva in giro. Anzi, ad un tratto un pastore le disse: “Vieni qui vicino, scalda anche tu Gesù Bambino con questa bellissima lana colorata, rossa come il calore, l’amore, l’amicizia, come il cuore!”.

La piccola pecorella non poteva crederci, lei, che si era sempre nascosta, ora aveva un compito così grande! Lei, derisa e umiliata da tutti gli animali. Ora tutti la guardavano e sorridevano, grati per il calore che serviva a riscaldare il Bambino Gesù.

Dopo alcuni giorni, la famiglia partì per raggiungere un altro luogo e la pecorella fu accolta nel gregge del pastore che l’aveva notata la notte di Natale, dando valore alla sua diversità e riuscendo a renderla speciale. Passando tra i campi, incontrarono altre pecore e chi l’aveva sempre presa in giro l’aveva riconosciuta. Ora invece di scherzare, tutti gli animali  la guardavano con rispetto e ammirazione, perché si parlava di lei come la pecorella rossa che aveva scaldato il Bambino Gesù e aveva donato un nuovo colore al Natale!

                           Illustrazione di Simona Aiolfi

 

 

Il pettirosso di Natale

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Neve, neve, neve. Un manto bianco ricopriva le case, il bosco, gli alberi e regnava il silenzio in città. Volava solo un timido pettirosso in cerca di cibo. Era quasi Natale e al piccolo piaceva fermarsi vicino alle finestre delle case per ammirare gli addobbi, le luci e i nastri dorati scintillanti. Un giorno, il pettirosso si ritrovò a volare nel mezzo di una battaglia di palle di neve tra alcuni bambini che vedendo l’uccellino, decisero di prenderlo come bersaglio. Il piccolo, venne colpito e precipitò a terra. In pochi secondi la sua vita era cambiata, ora era in pericolo e senza speranza.

All’improvviso, sentì un calore piacevole che lo avvolgeva, riuscì ad aprire gli occhietti e vide il sorriso di una bimba che gli disse: “Tranquillo piccolino, ora sei al sicuro, ti porterò a casa mia”. Natalia e la sua mamma, prepararono un morbido nido per il pettirosso ferito, lo ricoprirono di cure ed attenzioni, lo nutrirono e giorno dopo giorno videro che il piccolo si stava riprendendo.

“Eccoti, dormiglione” – disse Natalia – “Hai dormito tantissimo oggi, come ti senti? Appena starai meglio potrai tornare a volare, ma promettimi che tornerai a trovarmi!” Detto fatto, quando riuscì a volare, il pettirosso uscì dalla finestra per raggiungere altri uccellini e ogni giorno tornava a salutare Natalia e la sua mamma.

Un giorno, si appoggiò come sempre al davanzale della cucina della casa di Natalia ma non vide nessuno, a quell’ora di solito la sua mamma stava preparando il pranzo e riservava semi e chicchi per lui. Volò allora intorno alla casa e sentì la voce di Natalia chiamare: “Aiuto, qualcuno mi aiuti!”. Dalla finestra del salotto vide la mamma di Natalia a terra e non riusciva a rialzarsi. Il piccolo pettirosso bussò con il becco alla finestra e Natalia aprì dicendo: “Aiutami piccolino, la mamma è inciampata e si è fatta male al piede!” Il pettirosso volò nel giardino in cui stavano giocando quei ragazzi che l’avevano colpito. Cercò di attirare la loro attenzione facendosi colpire con la neve, poi uno di loro, disse agli altri: “Secondo me vuole che lo seguiamo, è come se ci stesse chiamando”.

Tutti allora seguirono il pettirosso e arrivati a casa di Natalia capirono: era una richiesta di aiuto. I ragazzi videro la mamma di Natalia, la aiutarono a rialzarsi, presero il ghiaccio da appoggiare al piede, la coprirono e le prepararono una bevanda calda. Dopo alcuni minuti si era ripresa, Natalia ringraziò i ragazzi che avevano capito il valore di aiutare chi ha bisogno. Poi decise di tenere con lei il pettirosso che per alcuni giorni si comportò come un vero e proprio aiutante. Ma il 24 dicembre, vedendo altri pettirossi che volavano felici, si avvicinò a Natalia e si posò sul suo petto. Era un saluto, un tenero segnale di affetto e gratitudine. La bimba disse: “Vai piccolino, non ti tratterrò, vola con i tuoi amici ma torna a trovarmi ogni tanto. Sei stato così prezioso per noi, perché con la tua semplicità hai saputo aiutare e dare esempio a quei ragazzi, che hanno imparato a comportarsi meglio! Sei per me un bellissimo regalo di Natale!” Il pettirosso volò con gli altri uccellini, Natalia sapeva che il suo nuovo amico sarebbe tornato a salutarla per tutto l’inverno.

Il piccolo pettirosso aveva ricevuto cure, affetto e aveva ricambiato con le stesse attenzioni, riuscendo a contagiare gli altri del suo spirito di generosità. Spesso un piccolo gesto, può cambiare in meglio la giornata o la vita di chi ci sta intorno, basta solo farsi trasportare dall’amore e dalla bontà. La magia del Natale è proprio questa: riscoprire quel che ognuno ha in fondo al cuore, imparare a condividere emozioni, buone intenzioni e bellezza ogni giorno dell’anno.

 

Immaginare il Natale

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Tanto tempo fa, vivevano in una piccola casetta vicino ad un bosco due fratelli, Gioia e Giorno. Si divertivano a giocare insieme e la sera, nel periodo natalizio, si sedevano davanti al grande presepe che i loro genitori avevano allestito in casa e giocavano ad immaginare …

Immaginavano di essere in un posto lontano, abitato da fate oppure di vivere sulla Luna. Immaginavano sempre il Natale, cosa avrebbero trovato sotto l’albero, cosa avrebbero mangiato, i canti con gli amici, le corse tra gli alberi del bosco addobbati con luci  colorate. Una sera però, i due fratelli sentirono un forte rumore e si spaventarono tantissimo.  I loro cuori erano tristi e gli occhi senza luce, la loro vicina di casa, la prepotente signora  Paura da quel momento avrebbe vissuto  con loro. Pensavano che fosse colpa di quel gioco per loro magico e così non giocarono più ad immaginare e non festeggiarono più il Natale.

Passarono gli anni, Giorno si sposò con una ragazza di nome Forza e presto nacque una bimba che chiamarono Speranza.

La zia Gioia la coccolava e raccontava alla piccola di quando lei e il suo papà erano bambini e di come si divertivano, compreso quando facevano il gioco dell’immaginare… ma aveva raccomandato alla nipotina di non raccontare nulla perché la signora Paura viveva ancora a casa dei loro anziani genitori.

Speranza però era rimasta colpita da quel gioco fantastico e lo propose alle sue amiche a scuola, così anche lei avrebbe potuto immaginare il Natale che non aveva mai festeggiato.  Tutto era talmente bello che la zia Gioia volle parlare con suo fratello: “Giorno se restiamo insieme sconfiggeremo la signora  Paura e lei andrà via dalle nostre vite, noi potremo di nuovo immaginare e vivere il Natale”. Svelarono tutto a Forza che subito volle recuperare le tradizioni di un tempo. Aveva costruito con Gioia e Giorno un presepe di legno e lo aveva sistemato in casa, così ogni sera raccontava a Speranza dei Natali passati, i ricordi, i racconti. Il gioco dell’immaginare il Natale si era diffuso tra tutti i bimbi della scuola e in ogni famiglia era sempre più forte il desiderio di credere nel futuro, vivere la vita in modo intenso e travolgente, perché è una fortuna averla.

Finalmente un giorno, la signora Paura se ne andò e tutti erano più sereni,  si ponevano obiettivi da raggiungere, Gioia e Giorgio impararono a condividere con i loro amici e familiari emozioni e sentimenti. Ricominciarono a festeggiare il Natale, con il presepe, l’albero addobbato, i biscotti, le luci colorate, ghirlande e stelle in ogni casa e nei cuori tanto amore.

L’ immaginare divenne presto la loro nuova realtà, che si presentava come una strada: a volte dritta, a volte sterrata, in discesa ma poi subito in salita  per continuare ad essere felici.

 

Un luminoso albero di Natale

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Come ogni anno, Gabriele e Bianca andarono a cercare un vero albero da sistemare al centro della loro casa. Non avendo trovato nulla di adatto, tornarono a casa dove mamma e papà avevano preparato una bella sorpresa.  Vicino al camino avevano sistemato due bellissimi alberelli spogli, con dei rami lunghi robusti e sottili.  I due fratelli si guardarono e Bianca disse: “Non sono abeti, che cosa sono?” poi Gabriele aggiunse: “Non saranno mai degli alberi di Natale” e si chiusero in camera.

Un po’ viziati e abituati ad ottenere ciò che volevano, i due fratellini erano davvero indispettiti per la scelta dei genitori e non riuscivano ad essere felici, anche se stava arrivando il giorno secondo loro più bello dell’anno. Mamma e papà, durante la cena dissero ai bambini: “Provate a pensare al Natale in modo più profondo, non fermatevi alle apparenze, questi nostri alberelli ci riserveranno molte sorprese, vedrete”.

Ma nulla di quel che dicevano i genitori, poteva far cambiare umore Gabriele e Bianca che si sentivano tristi. A scuola non raccontarono nulla ai loro amici perché avevano paura del loro giudizio: due alberi spogli per Natale anziché un grande abete, chissà come li avrebbero presi in giro.

Nel pomeriggio tronarono a casa e videro una luce abbagliante provenire dall’interno, corsero a vedere cosa stesse accadendo e videro mamma e papà che stavano decorando gli alberelli con tantissime luci. Gli alberi erano bellissimi, c’era già più calore in casa, i bambini iniziarono a pensare che forse avrebbero comunque potuto addobbarli.

Il mattino seguente, al loro risveglio Bianca e Gabriele trovarono sull’albero due palline con un messaggio: “Siate generosi, aiutate chi ha bisogno, regalerete ad altri amici un tenero sogno”

I due fratelli, senza pensarci due volte, a scuola si comportarono in modo esemplare con i loro compagni e la sera avevano il cuore pieno di gioia. Il giorno dopo ancora trovarono sull’albero due angeli, con un messaggio: “Angeli bianchi con ali splendenti, rendano i bimbi più sorridenti”.  Anche in questa occasione i due fratellini fecero di tutto per rendere felice qualche amico, donando ciò di cui avevano bisogno: cibo e abiti nuovi.

Ogni giorno sugli alberelli trovavano qualcosa e questo proseguì fino al giorno di Natale, quando Bianca e Gabriele si svegliarono e videro in casa alcune scatole con i messaggi di tutti i bambini che avevano aiutato.  Avevano generato una sorta di magia: una scia di aiuto reciproco, di generosità, di amore. Mamma e papà erano felicissimi e vedendo i figli sorpresi spiegarono: “Vedete bambini, eravate troppo viziati, troppo preoccupati a scegliere doni, avere tutto a disposizione. Questi alberi vi hanno insegnato che vivere poco alla volta un percorso rende più forti, le cose belle vanno costruite, condivise, apprezzate. Non ci si ferma alle apparenze, tutto va conosciuto e apprezzato. Questo Natale è davvero speciale perché ci ha reso più sensibili, più uniti e capaci di pensare al futuro con speranza ed entusiasmo”.

Gabriele e Bianca si guardarono, abbracciarono i lori genitori e poi iniziarono a leggere i messaggi dei bambini.  Pensavano che quel Natale fosse davvero strano, niente pranzi con troppi amici e parenti, niente viaggi, niente regali troppo importanti, ma un dono speciale e prezioso era sicuramente nel loro cuore: l’amore, che riesce ad unire tutti, grandi e piccini, vicini e lontani. L’amore che trasforma in bellezza tutto e dona al mondo una magia che durerà tutto l’anno.

Elatan e il sogno di Natale

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Un piccolo bambino di nome Elatan viveva in un luogo molto freddo e lontano da altri paesi, nella parte più a Nord del mondo.

Al suo ritorno da scuola aiutava il papà che era un taglialegna a procurare pezzi di legno per alimentare la stufa e di sera studiava. Era un bambino intelligente e curioso, desideroso di imparare e conoscere, poi quando si addormentava, i sogni più bizzarri gli facevano compagnia.

Una notte fece un sogno molto strano che lo riempì di stupore e gioia, sognò un Angelo bianco e luminoso che gli parlava: “ Elatan, voglio farti scoprire e provare emozioni che tutti i bambini hanno il diritto di avere nel cuore.”

Nel sogno l’Angelo portò Elatan in un bosco e gli chiese di scegliere un albero che avrebbe poi ritrovato nel giardino della sua umile casa. Elatan scelse un albero di media grandezza, un abete molto profumato. Giunti nel giardino della casa, l’Angelo disse il bambino che nell’albero avrebbe trovato sei doni, gli raccomandò di prenderli e conservarli, poi se ne andò.

Il piccolo Elatan rimasto solo incominciò a cercare tra i rami e la prima cosa che trovò fu un piccolo nido. Pensò a che cosa potesse servire, ma non gli veniva in mente nulla, così lo prese e lo portò vicino al suo letto nella speranza di poterlo utilizzare al più presto. Poi sull’abete trovò un secondo dono: un angioletto costruito con il legno, pensò subito a suo padre e portò il dono vicino al nido. Il terzo dono fu una trombetta, Elatan cominciò a suonare ma lo strumento non emetteva alcun suono, pensò alla sua mamma che amava la musica e alla gioia che avrebbe provato nel vedere quello strumento.  Il bambino abbastanza deluso portò comunque la trombetta vicino agli altri oggetti e ritornò a cercare il quarto dono: un alberello bello quanto l’abete che aveva scelto. Lo posò delicatamente vicino agli altri doni, poi cercò il quinto e trovò una luce, una piccola luce che brillava, che prese tra le sue mani delicatamente e la posò nel nido. Infine Elatan dopo aver cercato a lungo tra i rami dell’abete, non aveva trovato il sesto dono. Così tornò nella sua camera e prese gli oggetti che sembravano diversi.

Intanto si erano svegliati la mamma, il papà e il fratellino appena nato di Elatan. I genitori videro i doni, la mamma subito prese il nido e vi posò il suo piccolo bimbo, poi ringraziò Elatan per aver pensato a realizzare una culla comoda. L’angioletto fatto di legno ora si era trasformato in un mucchio di legna utile a scaldare la casa. Il papà disse  a Elatan: “Figlio, hai fatto questo per me? Grazie bambino mio!”.  La mamma poi notò la trombetta e iniziò a suonare dolci melodie, che avevano reso felice Elatan. Il piccolo albero aveva molte radici e il papà lo piantò nel giardino vicino all’abete. La luce era sempre più intensa e la casa era illuminata perfettamente, proprio quel che mancava. Il bambino non riusciva a capire se fosse un sogno o la realtà.

L’Angelo gli aveva parlato di sei doni mentre invece ne aveva trovati solo cinque, spiegò il suo sogno ai genitori e la mamma suggerì al piccolo di cercare dentro di sé perché forse l’ultimo dono era l’emozione perché quel momento magico che aveva saputo regalare a tutta la sua famiglia.  Il papà spiegò che quella era la notte di Natale e che il dono più grande era l’amore che ognuno poteva condivide con le persone care. Gli svelò inoltre che prima della sua nascita, un altro Angelo era arrivato in sogno ad annunciare che la Santa Notte sarebbe nato Gesù e iniziò a raccontare la storia di Natale.

Accompagnati da abbracci avvolgenti, tutti tornarono a letto e dormirono profondamente fino al mattino seguente quando un pettirosso si posò sul davanzale della finestra di Elatan. Con il becco bussò e il bambino si svegliò, andò a guardare in giardino e l’albero era addobbato con luci meravigliose, luccicanti splendenti e colorate. Per terra i pettirossi avevano sistemato tante piccole nocciole, per scrivere il nome del bimbo. Ma lo fecero al contrario e magicamente uscì la scritta “Natale”.

Da quel giorno Elatan e la sua famiglia riscoprirono il valore del dono, dell’aiutarsi e soprattutto l’importanza di volersi bene. Ogni notte di Natale, il piccolo Elatan sogna il suo Angelo che lo porta a conoscere altri bambini a cui racconta la sua storia, il suo mistero, la sua magia e regala loro un albero con sei doni da scoprire!

La macchina che fabbrica le nuvole

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Il pomeriggio del 24 Dicembre, nel bosco dei folletti ci fu un terribile rumore che svegliò tutti gli abitanti di quel posto incantato, Luli e Dido per primi uscirono dalle loro casette per capire cosa fosse successo. Videro una nuvola di polvere, che si alzava da un punto del bosco. Quando la polvere sparì, videro uno strano strumento che nessuno di loro conosceva, fatto di legno, con inserti in metallo. Luli, la più curiosa e creativa dei folletti, chiese: “Di che cosa si tratta?” Ma Dido rispose che non conosceva quell’oggetto, lui era il folletto super tecnologico del bosco, aveva pensato e progettato molti strumenti innovativi, ma mai nulla di simile. Si avvicinarono e videro che c’erano intrappolate due strane creature. “Chi siete?” –  chiese Luli incuriosita.

Una vocina soave rispose: “Siamo due angeli e stavamo fabbricando le nuvole con questa macchina quando ci siamo ritrovati qui sulla terra, perché siamo sulla terra vero?” I due folletti rimasero senza parole… angeli, macchina per le nuvole, ma di che cosa stavano parlando? Allora gli angioletti spiegarono con calma che in cielo ognuno ha un compito preciso, come sulla terra e loro erano gli addetti al funzionamento della macchina delle nuvole che servivano a far riposare le stelle ogni giorno. Ora il problema era come riparare la macchina e tornare in cielo perché gli angeli, avrebbero dovuto preparare tutto per la notte che tutti chiamavano speciale, erano stati avvisati di fabbricare tante nuvole su cui posare le stelle che avrebbero dovuto illuminare la nascita di un bambino.

Dido allora  andò dal folletto più anziano del bosco e gli chiese di consultare il grande libro delle invenzioni per capire come aggiustare la macchina delle nuvole. Finalmente il folletto trovò la pagina di cui avevano bisogno e riferì che mancava un pezzo di un legno particolare che consentiva alle nuvole di essere soffici e delicate. Avrebbero potuto trovare quel legno solo da un falegname di nome Giuseppe, che si stava dirigendo a Betlemme. Con l’aiuto dei folletti, gli angioletti arrivarono in quel luogo, c’erano molte persone per un censimento ma di Giuseppe il falegname nessuna traccia. In lontananza videro arrivare un uomo e una donna con un asinello e chiesero loro: “Scusate sapete indicarci dove vive il falegname Giuseppe?” – l’uomo rispose: “Sì, sono io perché mi cercate?”

Gli angeli i folletti spiegarono il problema e Giuseppe rispose loro: “Ho poco tempo, mentre cerco un riparo per la mia sposa e per il bimbo che tra poco nascerà andate a prendere la macchina che fabbrica le nuvole e portatela da me così potrò ripararla.”

Gli angeli e i folletti portarono la macchina delle nuvole a Betlemme e  Giuseppe riuscì a rimetterla in funzione, gli angioletti ringraziarono e riportarono la macchina in cielo per fabbricare le nuvole che avrebbero consentito alle stelle di illuminare quella notte speciale. I folletti Luli e Dido restarono a Betlemme per la notte, aiutarono Giuseppe a sistemarsi con la sua sposa in una capanna, stava per nascere il bambino.

All’improvviso il cielo si illuminò, gli angeli fabbricavano le nuvole e le stelle che si erano posate divennero più luminose, gli angioletti guardarono sulla terra e videro Giuseppe con Maria che sistemava un piccolo bambino in una mangiatoia. Chiamarono altri angeli e tutti capirono che era nato Gesù, il figlio di Dio.

Gli angioletti andarono a chiamare pastori, le persone dei villaggi vicini, anche i folletti Luli e Dido si recarono alla capanna.

In quella notte di Natale, avevano  assistito ad una nascita importantissima, i due angioletti avevano conosciuto Giuseppe che grazie alla sua generosità aveva riparato la macchina delle nuvole, utili ad accompagnare le stelle alla capanna di Gesù. La magia di quella notte si rinnova ogni anno e nel bosco i folletti Luli e Dido, il 24 Dicembre preparano una capanna con un piccolo Bambino di legno che dorme su una nuvola. Da allora, tutti questi personaggi e i loro gesti sono diventati simboli natalizi per tutti i bambini e guardando il cielo la notte di Natale, sembra di vedere gli angioletti che fabbricano le nuvole su cui si posano le stelle che servono ad illuminare la capannina di Gesù.

Illustrazioni di Jessica Bassan 

La stellina che non brillava

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Anche quella notte, le stelle del cielo brillavano tantissimo e la loro luce arrivava in tutto il mondo.

Soltanto una stellina, sembrava non brillare, era triste e preoccupava perché non ne capiva il motivo. Si avvicinò una stella più grande che le disse: “Non essere triste, sicuramente c’è una ragione per cui la tua luce non è abbagliante come la nostra, vieni con me, andiamo a chiedere ad Estrella, lei saprà tranquillizzarti. Estrella era la stella responsabile di quella zona del cielo, lei osservava e teneva sotto controllo gli spostamenti delle stelline, la loro luminosità e si preoccupava che tutte stessero bene.  La piccola stellina chiese ad Estrella perché non brillava come le altre.  “Sei nata così – disse – ma non per questo dovrai rinunciare a compiere un gesto fantastico. Il tuo difetto potrà trasformarsi in un dono se saprai cercare bene dentro di te”.

La piccola stellina non riusciva a capire, più ci pensava e più la poca luce che aveva sembrava perdere intensità. Vicino a lei le altre stelle erano luminose e belle, immobili nel cielo e la notte si impreziosiva con la loro luce. Ma una sera, un forte vento arrivò a creare confusione nel cielo, si avvicinò alle stelle luminose e prese quasi tutta la loro luce portandola via con sé. Il vento disse alle stelle: “Senza luce non valete niente …”  e con una risata fragorosa se ne andò.

Le stelle non sapevano cosa fare, loro erano sempre rimaste immobili nel cielo a brillare. La loro luce era debole, ma la piccola stella le consolò e spiegò loro che pur non avendo mai brillato, aveva imparato a fare molte altre cose: girare nel cielo, osservare le nuvole e la luna, guardare sulla Terra, ascoltare i suoni della natura, avvicinarsi agli alberi, giocare con la pioggia, correre nel cielo libera.

Le stelle non avevano mai fatto nulla di simile e ascoltarono i consigli della piccola stellina, iniziarono ad esplorare il cielo e a conoscere la bellezza del mondo. Una notte si accorsero che pian piano la loro luce aumentava, in un attimo ripresero a brillare. Arrivò Estrella e cercò la piccola stellina che non brillava, ma di lei nessuna traccia. Le amiche non la vedevano più… Ad un tratto, si fece spazio vicino ad Estrella una piccola stellina luminosa: “Sono qui, non mi hai riconosciuto?”  Estrella aveva davanti a sé una splendida stellina luminosa. La piccola era felicissima, aveva aiutato le sue amiche a muoversi felicemente e aveva dimenticato di essere poco luminosa. Ora magicamente anche lei brillava. Quella era la notte di Natale e tutte le stelle andarono ad illuminare la capanna di Gesù Bambino. Estrella guardava da lontano la stellina che si sentiva felice e grata perché finalmente aveva ritrovato se stessa, aveva inoltre capito che aiutare gli altri ci rende sempre migliori.

 

 

La piccola Lucia

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C’era una volta una bambina di nome Lucia molto simpatica, disponibile e carina con tutti i suoi amici. Nella classe che frequentava c’erano alcune bambine gelose perché lei sapeva essere davvero generosa e gentile con tutti, aiutava sempre chi era in difficoltà e incoraggiava gli altri con i suoi grandi sorrisi.

 Un giorno Lucia, stanca di sentirsi sempre presa in giro, aveva spiegato alle bimbe gelose che il suo nome racchiudeva una storia bellissima e che sicuramente avrebbe insegnato molte cose anche a loro. Le bambine però ridevano di Lucia e le dicevano: “Tu credi di essere la più bella e la più brava? Sei solo una piccola ficcanaso e noi non crediamo nella tua bontà”.

Lucia che non si dava per vinta facilmente, aveva iniziato a raccontare una storia molto interessante, di una ragazza che si chiamava come lei e aveva vissuto in passato nella città di Siracusa. Un ricco signore avrebbe voluto sposarla ma lei era fedele al cristianesimo e così aveva rifiutato, con grande dispiacere  dei suoi genitori. Da quel momento avevano iniziato in molti a perseguitarla fino a che Lucia aveva perso i suoi meravigliosi occhi.

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