pedagogia

Parlar di gentilezza

150 150 Silvia Ferrari

Che cos’è la gentilezza

Da sempre la gentilezza deriva da insegnamenti ed esempi generativi di persone familiari che ponevano al primo posto l’arte della relazione personale, utile ad intrecciare rapporti di tipo commerciale e sociale. Se provassimo a chiedere alle persone di definire la gentilezza avremmo tante interpretazioni con un nome comune : comportamento rispettoso.

“La gentilezza, è la delizia più grande dell’umanità” (Marco Aurelio). Se chiedessimo ai bambini di parlare di gentilezza, loro porterebbero esempi pratici come dire grazie, essere educati, rispettare chi abbiamo di fronte. Con infinita semplicità delle loro parole,  saprebbero infatti spiegare la gentilezza: un modo di comportarsi che rende felici tutti.

La gentilezza nel tempo

Con il Cristianesimo la gentilezza divenne un esempio caritatevole, un atto d’amore verso il prossimo, un modo di vivere.

Nel tempo altri filosofi hanno scritto e parlato di gentilezza, definendola un comportamento che potesse giovare non solo a se stessi ma anche agli altri. Essere gentili significava offrire all’umanità un’occasione di confronto, di apertura, di dialogo., il rispetto e l’educazione che si manifestavano in ogni occasione hanno caratterizzato i periodi più travolgenti della società di un tempo, dall’umanesimo al rinascimento.

Nel 1205 San Francesco d’Assisi grazie alla sua conversione, contagiò molte persone con il suo desiderio di aiutare e amare il prossimo, con parole e opere gentili, divenute poi quotidianità e azione caritatevole.

Il periodo dell’Umanesimo vide protagonista la gentilezza nell’ambito educativo e sociale con la finalità di consolidare lo spirito e l’animo delle persone e infondere sicurezza.

Il filosofo David Hume nel 1741 pose l’attenzione a quanto fosse necessario elevare la pratica della generosità e della gentilezza, dote innata nelle persone a suo parere capace di donare benessere.

 

La gentilezza oggi

Oggi la parola gentilezza sembra poco importante, eppure il 13 novembre ogni anno si ricorda la giornata della gentilezza durante la quale si alimentano e si mettono in pratica buone azioni che dovrebbero poi divenire consuetudine. L’idea di istituire questa giornata è nata in Giappone e nel 2000 è stata resa nota anche in Italia grazie ad un movimento che ha sede a Parma.

In molte occasioni abbiamo sperato che la gentilezza potesse divulgarsi più di altre mode anche nella nostra società così cambiata, in movimento continuo. Sempre più spesso assistiamo a comportamenti motivati da egoismo e presunzione piuttosto che generosità e aiuto verso chi ha bisogno.

La gentilezza a scuola e a casa

Ancora una volta i bambini offrono un contributo interessante perché nelle scuole e nelle famiglie con le loro azioni talvolta spontanee, talvolta guidate da saggi genitori e insegnanti, sanno far rinascere la gentilezza nella sua forma più pura e più maestosa. L’azione educativa che suggerisce comportamenti gentili infatti, mortifica e pone in ombra usi inadeguati ad un contesto sociale in formazione costante. La famiglia in quanto agenzia educativa per eccellenza, è la prima a dare l’esempio di comportamenti dignitosi, lodevoli e gentili, caratteristici di ogni soggetto attivo in una società. La scuola poi, valorizza il compito formativo, per garantire ai bambini continuità, coerenza, veridicità e infinita bellezza.

Il bello della gentilezza infatti, è che non si perde e non si consuma, anzi, se alimentata con perseveranza e manifestata in continuazione, si diffonde, si rigenera, facilitando l’emergere di personalità limpide, sincere e decise. La forza della gentilezza sta proprio nell’essenza stessa del termine: nobiltà d’animo acquisita con l’esercizio della virtù; atto, espressione, modi gentili, proprio come scrisse il poeta Giudo Guinizzelli nell’opera “ Al cor gentil rempaira sempre amore” (XIII secolo).

In occasione della giornata della gentilezza, azioni, poesie o  racconti narrati possono aiutare a diffondere questo nobile sentimento, nella speranza che possa emergere senza timore alcuno, ma con la certezza di compiere un passo verso la crescita dell’intera umanità.

 

Bibliografia:

Ferrari S, poesia “La gentilezza”, 2020

Guinizzelli, “Al cor gentil rempaira sempre amore” XIII secolo

Stilton. G, “Il piccolo libro della gentilezza” Piemme, 2020

 

Sitografia:

https://www.officinafilosofica.it/blog/gentilezza/

https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_d%27Assisi

https://it.wikipedia.org/wiki/Cantico_delle_creature

https://www.silviastrocche.it/la-gentilezza/

 

Partiamo da noi

150 150 Silvia Ferrari

IMperfezioni PEdagogiche

è il nome della mia rubrica  che ho dedicato a momenti di riflessione per insegnanti, genitori, educatori. Volutamente le prime due lettere delle parole formano IMPE che significa: Innovazione, Motivazione, Pedagogica, Educativa.

Spesso sentiamo parlare di Innovazione e questo temine viene usato per indicare un cambiamento, un rinnovamento. Ne sentiamo parlare in  ambito tecnologico e scolastico, come modifica, miglioramento di un sistema che tenta di riformarsi adattandosi ai tempi che cambiano.   Innovazione per me, nell’aspetto educativo e pedagogico significa rivoluzione, perché i modelli che la società di oggi propone, sembrano essere lontani da ciò di cui hanno bisogno i bambini e i ragazzi. Gli adulti di età media pensano di poter usare la libertà di parola e di azione in modo similare in ogni situazione, perché è stata una conquista e si pensa di poter fare e dire ciò che si vuole. Per essere educatori e innovatori oggi occorre una rivoluzione che parte da noi, dall’interno, dall’idea che ogni parola e azione implica delle responsabilità e delle conseguenze. Continuando a far ciò che si vuole senza limite, neppure l’adulto ha più l’idea del limite stesso e di fronte ad ostacoli anche banali, cade in uno stato di abbandono perché non riesce a superarli. Già Rousseau, nel 1700, parlava di riorganizzare la società su nuove basi, per riscoprire il valore dell’individuo. Ora è giunto il momento della nostra nuova rivoluzione per ritrovare l’autorevolezza e la saggezza del ruolo quasi perduto di adulti consapevoli.

Motivazione è un termine importante che indica un atteggiamento, un comportamento volto a raggiungere un obiettivo. Per i bambini e i ragazzi, la motivazione è verso la scuola e l’apprendimento oppure verso interessi personali.  La famiglia è il primo luogo in cui la motivazione assume un significato prezioso perché orienta e incoraggia a fare del proprio meglio per dare valore alla propria individualità e personalità. A scuola, spesso la motivazione è legata al raggiungimento di obiettivi e traguardi, ma ciò che conta è il percorso prima del risultato. Avere una spinta interna ad apprendere, eseguire al meglio ed acquisire competenze, aiuta il soggetto ad agire per il piacere di imparare e di crescere in modo autonomo raggiungendo obiettivi di padronanza ( Dweck , 1978). Meglio quindi spostare l’attenzione sulle capacità e potenzialità di un soggetto per valorizzare e  far emergere le parti migliori.

La sfera Pedagogica, studia e analizza metodi e criticità relativi all’educazione. La pedagogia è una scienza umana che si colloca in un quadro interdisciplinare di saperi connessi tra loro. Il compito della pedagogia è quello di orientare l’uomo negli ambiti dell’educazione, dell’istruzione e della formazione. Inizialmente la sua connotazione era di tipo filosofico, poi nel Novecento la storia della pedagogia è stata sostituita dalla storia dell’educazione, più articolata e complessa che si occupa della conoscenza dei saperi e delle pratiche sociali.  ( F.Cambi, 2003). Parlare di riflessione pedagogica, implica quindi il coinvolgimento di altre scienze umane legate tra loro, di esperienze vissute, di istruzione formale e informale, di idee e modelli virtuosi da seguire, di insegnamenti e condivisioni, di sentimenti.

La parola Educazione deriva dal termine latino “educo” che significa allevare, nutrire, aver cura. Il luogo privilegiato dell’educazione e della cura è la famiglia, che si occupa di formare, far crescere il bambino dando forma alla sua personalità e insegnando comportamenti e atteggiamenti di gruppo adeguati alla società, alimentando i sentimenti più teneri e profondi. Le storie educative sono molte e sono state attraversate da varie epoche, in cui ci sono stati modelli rigidi e poi, negli ultimi decenni siamo passati ad un tipo di educazione quasi alla deriva, priva di fondamenta storiche. Così  i bambini e i ragazzi non si sentono ancorati a valori che possano garantire una crescita armonica, affidabile  e spendibile nel corso della vita, ma in uno stato di confusione di significati e di ruoli, che genera insicurezza.

Tutti questi termini, racchiudono naturalmente delle imperfezioni, perché nessuno è perfetto, nessun insegnante, nessun genitore e nessun alunno. L’errore è un modo per capire, per ripartire, per riflettere su come far meglio. Oggi un piccolo sbaglio viene vissuto come una tragedia, una vergogna, perché la società dell’apparire ci vuole sempre attivi in ogni prestazione, in competizione per dimostrare di saper fare sempre di più, come sostiene Han nel suo libro “La società della stanchezza” (2010) in cui vi è una profonda analisi dell’individuo che a fatica gestisce gli aspetti negativi dell’esperienza.  Meglio invece fermarci a riflettere, a capire uno sbaglio e porvi rimedio, vivere i momenti poco positivi come passaggi transitori che regaleranno momenti di felicità.  In questa prospettiva generativa,  proviamo a  ripartire ancora più motivati, con l’entusiasmo di poter essere esempi veri e concreti per le giovani menti che diventeranno i cittadini di domani, partendo dalla nostra esperienza, dalla nostra vita imperfetta ma felice. Nella mia rubrica parlerò insieme a voi di tutto questo, condivideremo emozioni e percorsi, idee e progetti per cambiare in modo creativo partendo da noi.